Vermouth: il vino che ha cambiato la storia dell’aperitivo

da | 16 Lug, 2021 | Storia dei prodotti

Il tempo di lettura stimato per questo post è 344 secondi.

Il Vermouth (o Vermut, in Piemontese) si beve soprattutto come aperitivo, ma è conosciuto anche perché è uno dei pilastri fondamentali della miscelazione, insieme ai distillati.

Questo vino aromatizzato, infatti, è usato come ingrediente principale per molti cocktails: per esempio il Martini, l’Americano, il Manhattan o il Negroni.

Conosciamo meglio la sua storia, gli ingredienti, i vari tipi di Vermouth esistenti e i cocktails più famosi che si possono fare con questo ottimo prodotto.

Vermouth: la storia

La storia del Vermouth parte dal Medioevo e i suoi antenati sono i cosiddetti “vini ippocratici”, il cui nome compare per la prima volta in documenti risalenti al Medioevo. 

I vini ippocratici sono vini aromatizzati con miele, erbe e spezie, che prendono il nome del famoso medico Hippocrate (460-370 a.C.), padre della medicina, perché per filtrarli si utilizzavano le famose “maniche di Ippocrate”, una sorta di imbuto chiuso fatto con tessuto che aveva il compito di trattenere le spezie.

Perché i vini venivano aromatizzati? Soprattutto per mascherarne i difetti, data l’alta deperibilità del prodotto, ma anche per questioni di gusto e aiuto nella digestione. In Italia i vini ippocratici venivano usati specialmente a Venezia, la capitale delle spezie, dove questi vini andavano di moda tra la nobiltà e le classi agiate.

Ma per risalire al vero Vermouth che conosciamo oggi, dobbiamo fare un salto fino alla seconda metà del 1700 e spostarci in Piemonte, a Torino. È proprio qui che Antonio Benedetto Carpano, un giovane con un passato di studioso di erboristeria, inventa il vino che ha cambiato la storia dell’aperitivo. Come? Partendo da un grande vitigno piemontese: il Moscato di Canelli, a cui vengono aggiunte spezie ed erbe, prima tra tutte l’Arthemisia Absinthum L.

In breve il suo vino diventa la bevanda ufficiale della corte dei Savoia, ed è proprio in onore di questa famiglia dalle origini sassoni che nasce il suo nome. Vermouth, infatti, deriva dal tedescowermut”, termine col quale le popolazioni sassoni nominavano l’artemisia, la pianta base per la sua ricetta. 

Senza saperlo, Carpano ha avuto il merito di trovare una ricetta, oltre che buona, anche economica.  Il Vermouth come lo conosciamo oggi, infatti, permette l’utilizzo di vini giovani ad alta gradazione, sostituendo le sapidità tipiche dell’invecchiamento con l’aggiunta di una particolare miscela di erbe aromatizzanti.

Questo “mix perfetto” registrò una grande diffusione, sia per la gradevolezza, sia per l’inferiore costo di produzione, e fu subito adottato in gran parte dell’Europa.

Ingredienti del Vermouth

Il Vermouth, per legge e per tipologia merceologica, è un vino aromatizzato. La sua gradazione alcolica è regolamentata dalla legge italiana (legge n. 108 del 16 marzo 1958), secondo cui deve essere compresa tra il 14,5 e il 22% in volume.

Riguardo alla composizione, il Vermouth deve essere composto per almeno il 75% di vino, che può essere sia bianco che rosso, e la sua provenienza non è specificata, per cui si possono usare anche vini di provenienza straniera, solitamente spagnola. Inoltre, deve contenente estratti di erbe della famiglia delle artemisie, che ne costituiscono l’elemento caratterizzante. Infine, la percentuale di zucchero, così come la gradazione alcolica finale varia a seconda del tipo, o stile di Vermouth. 

Per la definizione del famoso Vermouth di Torino IG i criteri sono ancora più restrittivi, dato che nel marzo del 2017 è uscito il disciplinare, in base a cui il vino, sia bianco che rosso, deve essere di origine Piemontese e il vitigno (ad esempio Moscato o Cortese) può essere indicato in retroetichetta solo se il suo contributo supera il 20% del totale. 

Vediamo ora insieme le varie tipologie in cui può essere suddiviso il Vermouth.

Tipi di Vermouth

Le tipologie di Vermouth si distinguono in base al grado zuccherino e non al colore. Seguendo questa regola abbiamo i seguenti tipi di Vermouth:

  • extra dry o extra secco con meno di 30 grammi di zucchero per litro: è il più austero e amaro per il palato; 
  • dry o secco: contiene meno di 50 grammi di zucchero;
  • e infine sweet, la versione dolce, con zucchero pari o superiore a 130 grammi: questo tipo è il più variegato e si suddivide a sua volta in bianco, rosato e rosso (l’unico in cui è consentito l’uso del caramello come colorante).

Come servirlo: si può bere anche liscio?

Il Vermouth va servito sempre freddo, ad una temperatura di partenza di 12 gradi.

Si può bere liscio oppure con solo ghiaccio, ma il top è servirlo con 2 cubetti di ghiaccio, una fetta di arancia e la classica buccia di limone, che dovrete strizzare sopra il vino prima di metterla dentro.

Quali cocktails fare col Vermouth

Se si escludono i cocktail sud americani o tropicali dove sono la frutta e i distillati della canna da zucchero, come rum e cachaca, i veri protagonisti, molti dei drink più indimenticabili sono a base di Vermouth

Ecco una lista di cocktails a base di Vermouth da provare.

  • Con Vermouth dry: Martini cocktail, Vodka Martini, Vesper, Tuxedo.
  • Con il sweet Vermouth: Americano, Negroni, Bronx, Gin and It, Negroni Sbagliato, Sweet Martini, Cocktail Martinez, Manhattan, Cocktail Khajuraho, Rob Roy, Boulevardier, Rob Roy.

Vermouth Mugello

Ormai siamo nel pieno del Rinascimento del Vermouth con una marea di nuove bottiglie artigianali che vengono prodotte anno dopo anno. Era ora: dopo anni di prodotti industriali, questo movimento sta portando finalmente vini veri, naturali, fatti con attenzione, ingredienti di prima qualità e senza aromi chimici. E poi ricordiamoci che il Vermouth è un vino e, se la base è scarsa, il risultato finale sarà scadente, ossia quello di un Vermouth “camuffato”, appesantito da molto zucchero o sapori artificiali.

È in un contesto come questo che nasce il Vermouth del Mugello, un vino toscano frutto dell’intraprendenza di un gruppo di giovani imprenditori della zona. Proprio come fece Carpano a suo tempo, a distanza di anni anche loro hanno creato un mix perfetto, aggiungendo ad un Vermentino prodotto nella zona alcool purissimo e di raffinata distillazione, zucchero e una quindicina tra erbe aromatiche e officinali sapientemente equilibrate.

Contraddistinto dal colore giallo paglierino, al naso si riconoscono subito l’assenzioaromi tropicali, mentre al palato il gusto amaricante si alterna a sentori di liquirizia, con un finale lungo e deciso, che si porta dietro un retrogusto amarognolo di genziana. Tra gli ingredienti principali, interessante è la presenza di zafferano, coltivato direttamente in Mugello, che contribuisce a rendere il gusto speziato molto più morbido, equilibrato e piacevole.  

Nella versione classica va servito in un bicchiere con cubetti di ghiaccio e completato con una scorza di arancia o pompelmo rosa. Lo consigliamo come aperitivo o a fine pasto in abbinamento a dolci, biscotti e cioccolato amaro. Infine in miscelazione non perde le sue caratteristiche ed è l’ideale in un Negroni bianco, Hanky Panky o Martinez.

Grazie per l’attenzione e alla prossima storia di prodotto!

Credits: https://winedharma.com/it/vitigno/che-cos-il-vermouth-la-storia-i-tipi-le-caratteristiche-gli-ingredienti-e-i-cocktail-da-fare https://www.quattrocalici.it/conoscere-il-vino/il-vermouth-o-vermut/ https://www.somewhere.it//curiosita/storie/storia-del-vermouth-dove-quando-e-come-e-nato/

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